Intelligenza Artificiale Generativa: quali sfide per la Comunicazione e i Contenuti?

Intelligenza Artificiale Generativa: quali sfide per la Comunicazione e i Contenuti?

Alberto Maestri Pubblicato il 3/30/2023

Una buona ed una cattiva notizia sull’Intelligenza Artificiale.

Intitola così una prima, interessante riflessione scritta da Fabio Lalli – amico e uno dei pionieri della portata rivoluzionaria del digitale in Italia e in Europa.

Fabio ha scritto l’articolo dopo settimane passate a sperimentare, generando oltre centinaia immagini, centinaia di testi, facendo prove di integrazione con script e tools terze parti, oltre ad aver tenuto corsi sugli impatti dell’AI davanti a creativi, professionisti e universitari, e confronti su pro e contro. Il risultato? Una duplice certezza, o meglio – appunto – una buona e una cattiva notizia:

Buona notizia: l’AI non ci sostituirà come professionisti o aziende
Cattiva notizia: lo farà una persona o una azienda che usa l’Intelligenza Artificiale

L’accelerazione dell’Intelligenza Artificiale Generativa: dagli UGC agli AIGC

Andiamo però con ordine: da dove derivano le riflessioni di Fabio, così come di tanti altri esperti dell’intersezione tra tecnologia, comunicazione e marketing? Nell’ultimo periodo ha preso sempre più piede il dialogo tra professionisti di settore (e non solo) rispetto all’Intelligenza Artificiale Generativa – o Generative AI.

Gli algoritmi di intelligenza artificiale vengono utilizzati per creare nuovi contenuti da testo, file audio e immagini già esistenti. Il processo di intelligenza artificiale generativa consente alle macchine di astrarre il modello / pattern sottostante di un input e generare di conseguenza una versione o copia plausibile simile basata su tali informazioni.

Intelligenza Artificiale Generativa

Tra i principali fattori che hanno dato vita e alimentato la comunicazione nei mercati digitalizzati, sta senza dubbio la capacità da parte delle persone di creare e condividere contenuti – gli user-generated content (UGC). Le piattaforme e i social network sono infatti continuamente alimentate da contenuti, attraverso cui viaggia senza sosta la condivisione di esperienze personali.

Parallelamente agli UGC, sta però nascendo e si sta diffondendo una nuova tipologia di contenuto, generato dalle intelligenze artificiali: gli AI-generated content (AIGC).

Alcune pratiche e gli strumenti più interessanti di AI-generated content

In effetti, da ormai diversi anni le macchine riescono a generare contenuti – e sono già ampiamente utilizzate per tale scopo. Tecnologie, strumenti e pratiche che stanno entrando anche nelle dinamiche di comunicazione di brand e marketing – pensa, per esempio, ai contenuti generati con Midjourney (un programma di AI dell’omonimo laboratorio che crea immagini da descrizioni testuali) per il mercato italiano da parte di Mulino Bianco per i propri Pancake. Tra i primi al mondo a muoversi su questi terreni, li trovi qui (Facebook) e qui (Instagram)!

Proprio Midjourney è uno dei tool più discussi di questi mesi, ma molti altri possono diventare alleati indispensabili per la tua creatività per questo 2023 e oltre. Di seguito ne elenco altri cinque, molto interessanti per qualsiasi professionista della comunicazione:

  • cleanup.pictures, per rimuovere gli oggetti indesiderati da foto, persone, testo e difetti da qualsiasi immagine.
  • soundraw.io, un generatore di musica per i creator che permette di selezionare il tipo di musica desiderata in termini di genere, strumenti, umore, lunghezza, … lasciando che l’Intelligenza Artificiale generi bellissime canzoni per noi.
  • looka.com, uno strumento per progettare un logo, creare un sito web o una brand identity efficaci – tutto, ancora una volta, con la potenza dell’AI.
  • copy.ai, per produrre copywriting e messaggi di alta qualità capaci di vendere, persuadere e convertire.
  • scriptbook.io, startup fondata nel 2015 in Belgio che ha sviluppato uno strumento sperimentale per analizzare attraverso AI e machine learning le sceneggiature dei film, anticipandone il successo o l’insuccesso con un tasso di attendibilità tre volte superiore a quello degli analisti umani.

Ce ne sono ovviamente tantissimi altri, riassunti anche nella visualizzazione che mostro di seguito – in continuo aggiornamento…

Strumenti ancora in fase di ottimizzazione, da valutare dunque non tanto (o meglio, non solo) nelle loro applicazioni presenti, quanto piuttosto rispetto all’orizzonte che potranno aprire nella comunicazione di business e non solo.

Secondo la fondatrice di ScriptBook Nadira Azermai, per esempio, se tra il 2015 e il 2017 Sony avesse utilizzato il suo algoritmo anziché persone nell’approvazione dei progetti di film avrebbe risparmiato una montagna di denaro. Il software di ScriptBook infatti è stato in grado di identificare retrospettivamente 22 dei 32 film di Sony che sono risultati dei flop in quel periodo (dopo aver ricevuto green light da screening tradizionali basati su esseri umani tramite esperti, focus group e ricerche di mercato).

A proposito, è interessante leggere la missione dell’AI Content Creator Articoolo:

Content marketing di successo. La nostra tecnologia genera contenuto originale, corretto e di alta qualità da zero, simulando un essere umano.

Così come è impressionante l’obiettivo di ArticleForge:

Ottieni contenuti di elevata qualità, in un click.

Soluzioni che simulano il lavoro di un copywriter, facendolo fare però a una macchina: per usare un inglesismo, machine-made content

UGC e AIGC: è meglio il word-of-mouth, o il word-of-machine?

UGC e AIGC, dunque.

Ma siamo certi che il contenuto del futuro sarà necessariamente ed esclusivamente confezionato da bot e macchine?

Non necessariamente… e nemmeno quello del presente 🙂

A proposito, Chiara Longoni della Boston University e Luca Cian della University of Virginia hanno recentemente svolto una ricerca in 10 esperimenti su 3.000 persone, pubblicata sul Journal of Marketing e ripresa anche da Harvard Business Review. Come contraltare rispetto al word-of-mouth – il passaparola generato dalle persone che oggi ha un ruolo decisivo in qualsiasi customer journey – i due ricercatori parlano di word-of-machine intendendo le situazioni in cui preferiamo i consigli generati dall’AI rispetto a quelli di altre persone, o almeno li prendiamo seriamente in considerazione.

  • Generalmente, se dobbiamo raggiungere obiettivi di acquisto utilitaristici o siamo concentrati sulle caratteristiche funzionali di ciò che acquistiamo (pensa, per esempio, se dobbiamo comprare una lavastoviglie…), ci fidiamo dei consigli delle macchine.
  • Quando però la scelta diventa esperienziale o entrano in gioco dimensioni edonistiche o sensoriali come aromi o fragranze (come vini, profumi, …) i consigli e la consulenza dell’intelligenza artificiale non basta più e deve essere compensata da un tocco umano, generando casi di successo come quello di Stitch Fix, un servizio di styling personale che integra consigli di altre persone e di algoritmi.

Tra UGC e AIGC, possono nascere anche sinergie: è il caso di Zo, il social AI bot di Microsoft, che nell’ottobre 2018 ha raggiunto Wattpad – una community online dedicata a scrittori e scrittrici per la creazione di user-generated stories – e, dopo aver vinto qualche remora degli utenti umani, ha ospitato il contest #WriteWithZo.

La logica era semplice: Zo ha incoraggiato le persone a interagire su Facebook, Twitter, Skype, GroupMe e Kik, per ottenere consigli in forma di idee di titoli, personaggi, ambientazioni per i diversi generi letterari. Il risultato? Sorprendente: in poco più di 6 settimane, sono state generate 150.000 storie caricate su Wattpad da scrittori e scrittrici ispirati provenienti da oltre 800 stati.

“A long road ahead”

Insomma, ci aspetta una grande autostrada davanti a noi. Realtà globali come Associated Press, Yahoo!, Forbes e Reuters utilizzano da anni algoritmi e intelligenze non umane per scandagliare e dare senso ai big data legati ai temi più rilevanti discussi e diffusi dalle audience online. Generando così contenuti rilevanti in tempo reale. Come anticipato da Futurism, se ti capita di leggere articoli di CNET a firma di un generico “CNET Money Staff”, prova a cliccare sul nome dell’autore: nella biografia, leggerai la dicitura “questo articolo è stato generato utilizzando la tecnologia di automazione”. Tanto che le ricerche del MIT di Boston, una delle più famose e competenti università al mondo, da anni immaginano una collaborazione profittevole tra human journalist e robo-reporter.

Già durante le Olimpiadi di Rio de Janeiro del 2016 l’arena dei contenuti e delle informazioni era popolata da tutti i principali media del globo. Toutiao, piattaforma cinese di news con audience composta al 90% da giovani sotto i 30 anni, ha pubblicato 450 articoli – 30/40 articoli al giorno per 15 giorni di competizioni. E lo ha fatto scatenando Xiaomingbot, un AI robot specializzato nella scrittura di articoli a contenuto sportivo. Il Washington Post ha reagito utilizzando Heliograf, bot in grado di scrivere articoli sportivi e di tenere conto, in tempo reale, del procedere dei medaglieri.

Quando fruiamo da utenti dei contenuti proposti non ce ne accorgiamo, ma è così. Il tutto a costi irrisori (efficienza) e a capacità esponenziali (efficacia) rispetto al contributo alternativo di giornalisti, copywriter e altri comunicatori.

Dal copywriting alla data science, il passo è breve… meglio farci trovare pronti 🙂 come professionisti della comunicazione, perché dovremo essere capaci di ibridare le nostre competenze con quelle più tecnologiche e di marketing ‘aumentato’; come persone di business, perché avremo sempre più la necessità di valutare progetti e prodotti non necessariamente sviluppati da altri esseri umani. Anche perché, come ci ricorda sempre Harvard Business Review, anche gli algoritmi hanno bisogno di manager.