Storia della virgola e di altri utili segni

Storia della virgola e di altri utili segni

Giovanni Blandino Pubblicato il 5/3/2021

Virgola, punto e virgola, punto, doppio punto, punti esclamativi e interrogativi… spesso diamo per scontati i segni di interpunzione che, ogni giorno, utilizziamo per rendere più comprensibili i nostri testi scritti. Sono simboli così piccoli che a volte ci si scorda anche della loro esistenza, eppure senza di loro tutto sarebbe più complicato e sicuramente ci si intenderebbe molto peggio.

L’origine di questi segni è abbastanza misteriosa. Sappiamo che gli antichi romani e greci preferivano non usarli e che nel corso dei secoli hanno assunto le forme più disparate. Quel che è certo, è che grazie all’invenzione della stampa e soprattutto al fiorire dell’industria editoriale fu necessario dare un ordine condiviso a molti dei segni che, ancora oggi, utilizziamo per punteggiare.

Ecco, raccontata per curiosità e aneddoti, la bizzarra storia dei segni di interpunzione più usati.

Gli antichi non usavano i segni di interpunzione

Siamo a Roma, di fronte a uno dei capolavori dell’arte scultore romana: la Colonna Traiana. Il monumento che celebra la conquista della Dacia da parte dell’imperatore Traiano non è famoso solo per i rilievi di pregio che raccontano l’epica e avventurosa storia della conquista, ma anche per la bellezza dei caratteri in cui è iscritta l’epigrafe. Non è un caso che qualche millennio dopo, nel 1989, questa scritta monumentale abbia ispirato la progettazione del font Trajan.

L’iscrizione sulla Colonna Traiana.

Guardando la scritta notiamo subito una cosa: le lettere sono una in fila all’altra. Non c’è punteggiatura. Non ci sono a capo. C’è solo un piccolo punto a separare una parola dall’altra. Proprio così: gli autori dell’antichità classica non usavano segni di interpunzione. O meglio, ogni tanto qualcuno inseriva dei nuovi segni per indicare l’inizio di un nuovo pensiero, o la conclusione di un paragrafo, o una pausa, ma non c’era alcun accordo su un sistema standardizzato né se ne sentiva il bisogno.

Probabilmente la punteggiatura era considerata superflua: le relazioni logiche tra le frasi, le pause e le intonazioni potevano essere dedotte dal contesto e dalla grammatica, soprattutto in testi destinati a una fruizione principalmente orale.

Ma allora quando si è iniziata a sentire la necessità di aggiungere al testo questi nuovi segni?

Nel medioevo, quando la virgola era una barra obliqua

Uno dei primi a lamentarsi della mancanza dei segni di interpunzione fu Aristofane di Bisanzio, filologo e grammatico greco vissuto nel II secolo a.C.. Fu per questo che, secondo la tradizione, introdusse tre tipi di pause da indicare con un punto posizionato in tre posizioni diverse (nella parte inferiore, media e superiore di ogni riga: rispettivamente comma, colon e periodus). La pausa più debole, uno dei ruoli assunto oggi dalla virgola, era il punto posizionato in basso e proprio per questo in lingue come l’inglese e lo spagnolo la virgola si chiama ancora oggi comma e coma.

Un manoscritto del Decameron di Giovanni Boccaccio.

Nel medioevo si continuò ad usare questo sistema di segni, insieme a molti altri. La pausa tipica della virgola era anche segnalata attraverso una barra obliqua (/), mentre in corrispondenza dell’introduzione del carattere minuscolo nella scrittura compare per la prima volta anche il segno odierno della virgola, ma sotto forma di apice sovrastante un punto (.’).

Allo stesso modo i moderni due punti (:) a volte erano usati nell’accezione esplicativa odierna, altre volte erano una pausa più lunga della virgola. Oppure il punto interrogativo era segnalato ai margini del testo con una forma di freccia (>).

Insomma, regnava una gran confusione, addirittura anche all’interno di uno stesso testo. Basti pensare che Giovanni Boccaccio, scrittore e poeta italiano del Trecento, scrivendo il Decameron segnala la virgola sia con la consueta, per l’epoca, barra obliqua (/) sia con la variante bassa moderna (,).  

Il Cinquecento: la stampa e all’editoria mettono ordine nella punteggiatura

Se l’origine della punteggiatura è in qualche modo misteriosa e sicuramente molto confusa, sappiamo con certezza chi e quando ha iniziato a mettere un po’ di ordine. Furono, nel Cinquecento, il linguista italiano Pietro Bembo e l’editore veneziano Aldo Manuzio.

Manuzio è ritenuto tra i maggiori editori d’ogni tempo, a lui e alle sue esigenze di natura pratica ed economica dobbiamo gran parte delle più importanti invenzioni del mondo della stampa e dell’editoria: come il carattere corsivo e la rilegatura di libri tascabili ed economici (lo abbiamo già raccontato nel nostro blog). A queste dobbiamo aggiungere la standardizzazione della punteggiatura.

Una pagina del De Aetna edito da Aldo Manuzio, con la prima standardizzazione della punteggiatura.

È proprio nell’edizione aldina del 1496 del De Aetna – un trattato proto-scientifico in cui viene raccontata un’escursione naturalistica da Messina fino alla cima dell’Etna in eruzione – che compaiono per la prima volta virgola, punto e virgola, apostrofi e accenti con un significato molto simile a quello che usiamo ancora oggi, cinque secoli dopo.

I libri stampati con caratteri mobili avevano infatti bisogno di segni standard, chiari e condivisi. Così in sodalizio Manuzio e Bembo passano in rassegna tutti i diversi segni di interpunzione che si usavano al tempo, decidono quali tenere e quale significato attribuirgli. Nasce ufficialmente la punteggiatura moderna.

Esperimenti finiti bene, esperimenti finiti male

Il mondo della punteggiatura non finisce certo di cambiare e di sperimentare dopo il gran lavoro di Bembo e Manuzio. I ruoli di virgola, punto, punto e virgola e degli altri segni devono essere pian piano definiti e ancora oggi ci sono accese dispute a questo riguardo.

Segni come il punto esclamativo poi ci mette un bel po’ ad affrancarsi e a diventare in tutto e per tutto parte della punteggiatura. Comparso per la prima volta nel Trecento, fino all’Ottocento deve lottare per avere una certa indipendenza di significato dal punto interrogativo: fino a quel tempo, infatti, i due segni di interpunzione erano spesso scambiati.

L’interrobang inventato dal pubblicitario Martin K. Speckter nel 1962

Ci fu poi l’esperimento di Charles Fourier che nell’Ottocento propose una sistematizzazione della punteggiatura con 20 segni diversi, tra cui 4 tipi virgole, che avrebbero potuto rendere tutte le sfumature della lingua. Come ben immaginate, il suo sistema non ebbe molto successo.

Uguale sfortuna ebbe l’interrobang inventato dal pubblicitario Martin K. Speckter nel 1962 per sostituire il !? che indica sorpresa o incredulità. Dopo un timido successo iniziale – alcune tastiere di macchine da scrivere avevano adottato il segno – il povero segno d’interpunzione è stato relegato nel dimenticatoio.

Se siete incuriositi dalla storia della punteggiatura e soprattutto volete informazioni sul corretto punteggiare nella lingua scritta, vi consigliamo “Questione di virgole” di Leonardo G. Luccone (Editori Laterza).