Social leadership: se imprenditori e manager diventano i primi Content Creator aziendali

Social leadership: se imprenditori e manager diventano i primi Content Creator aziendali

Alberto Maestri Pubblicato il 5/7/2025

Social leadership: se imprenditori e manager diventano i primi Content Creator aziendali

Da qualche anno, più precisamente dal periodo della pandemia, tutte le ricerche e le pratiche di marketing concordano su un punto.

All’interno del tradizionale customer journey che identifica e mappa il processo di interazione e conversione degli utenti nei confronti di un’azienda, le figure apicali dell’azienda stessa – founder, imprenditori, manager e/o executive – rappresentano punti di contatti (in inglese, touchpoint) imprescindibili per qualunque brand che voglia fare la differenza.

Già nel 2005 il modello Reptrak – il principale punto di riferimento per misurare la reputazione di aziende e istituzioni focalizzandosi su 7 dimensioni chiave – ha individuato nelle capacità di leadership un tratto distintivo delle organizzazioni sane e prospere.

Riuscire ad agire questa leadership anche in comunicazione diventa allora un fattore di ulteriore accelerazione del corretto posizionamento e della capacità di veicolare valore verso i pubblici che ci interessano.

La relazione tra leader e azienda è sempre più stretta: la reputazione del primo influisce e riflette quella dell’altra.

In questo articolo parliamo proprio delle attività che rientrano nell’ambito dell’executive communication, ovvero delle dinamiche di cura e ottimizzazione del posizionamento dei leader d’azienda sulle community digitali di business (e non solo).

The art of Evangelism

Forse una delle prime persone a parlare di questo nuovo ruolo comunicativo dei key decision maker aziendali è stato Guy Kawasaki. Una figura di spicco in Silicon Valley e nel mondo dell’innovazione internazionale, che già nel 2015 ha avuto l’intuizione di scrivere un articolo pubblicato su Harvard Business Review dal titolo eloquente: The art of Evangelism.

All’interno del contenuto, l’autore ha sottolineato come le attività di evangelizzazione e di ambassadorship, un tempo perimetro esclusivo dei clienti (che, una volta provato il prodotto o il servizio, iniziavano e iniziano anche oggi a parlare bene o male dell’esperienza e dell’azienda), con lo sviluppo delle community aziendalipensiamo a LinkedIn, alle intranet, ai business social network – sono diventate attività sempre più frequenti anche per imprenditori, manager e altre figure apicali aziendali.

Per la semantica greca, evangelizzare significa diffondere notizie positive: ecco allora che la capacità di farlo in ambito aziendale sui social media ha l’obiettivo di raccontare i modi con cui i prodotti, i servizi o l’intero business possono impattare sulla e possibilmente migliorare la vita delle persone. Sostiene sempre Guy Kawasaki:

Se sei un leader, dovresti diventare Evangelist per la tua organizzazione e la propria offerta di prodotti e servizi, e dovresti sentirti a tuo agio nel ricoprire questo ruolo sia internamente – nelle pause caffè, via e-mail, attraverso le piattaforme collaborative aziendali – sia esternamente, alle conferenze di settore e su LinkedIn, Facebook e X. Nell’era dei social media, l’evangelizzazione è un compito di tutti.

Inoltre, così facendo diventiamo un esempio da seguire anche per gli altri – come i nostri dipendenti, i business partner e il resto degli stakeholder organizzativi.

I tratti e il profilo del Social Leader

Compreso di cosa stiamo parlando e della centralità dell’essere social per i decision maker aziendali, sorge spontanea un’altra domanda: Social Leader si nasce, o si diventa?

Long story short: entrambe le risposte sono corrette.

Se è vero infatti che con un buon allenamento chiunque può diventare un efficace storyteller dei valori, delle iniziative e dell’offering aziendale sui media digitali, dall’altro esistono dei tratti che – se già in possesso del leader – pongono ottime basi su cui costruire ulteriormente.

A proposito, Charlene Li ha scritto sempre nel 2015 uno dei primi best seller dedicati al tema – The engaged leader: a strategy for your digital transformation. Al suo interno, l’autrice ed esperta di trasformazione digitale identifica tre principali caratteristiche del Social Leader:

  • Purpose Driven: l’imprenditore o il manager devono essere ispirati da uno scopo più alto del profitto.
  • Open: il leader deve aprirsi alla sua organizzazione.
  • Engaged: doti di coinvolgimento, ricettività, rispetto e inclusività verso gli altri (colleghi, business partner, …).

Da sempre, quando penso a un leader eccezionale, mi viene in mente un nome che si discosta dai classici profili imprenditoriali e di management: sto parlando di Francesca Bardelli Nonino.

Sesta generazione della famiglia Nonino, conosciuta in tutto il mondo per l’iconica grappa, Francesca è oggi responsabile della comunicazione online del brand ed è molto attiva online – principalmente su LinkedIn dove è anche Top Voice – dove funge da ambassador ed evangelist genuina del brand di famiglia. Lo fa con uno stile di comunicazione fresco, autentico, capace di raccontare con ironia e leggerezza il mondo dell’azienda intrecciandolo con il proprio.

Start with why: un modello per iniziare

Spero finora di averti incuriosito, ma soprattutto di averti convinto dell’efficacia che un progetto ben fatto di executive communication può avere per il business. Riuscire a comunicare i valori, l’offerta, le attività aziendali – e farlo attraverso le figure apicali della stessa organizzazione – porta benefici di comunicazione e branding non indifferenti, e nel lungo termine contribuisce alla costruzione equilibrata della (tanto osannata) reputazione.

Per iniziare al meglio, ti consiglio l’utilizzo di un modello di comunicazione ormai classico, entrato a pieno titolo nella letteratura di management: quello di Simon Sinek chiamato Golden Circle.

Tutto nasce da una conferenza TED dove l’autore spiega il Circle, ottenendo da subito grande successo. D’altronde il framework è piuttosto immediato e molto flessibile – caratteristiche che ne hanno facilitato l’enorme diffusione in tutto il mondo e in ambiti applicativi eterogenei.

Lo stesso Simon Sinek consiglia di usare e compilare il Golden Circle dall’interno all’esterno (dunque dal Why, al What). Applicato nel mondo della Social Leadership, possiamo immaginarlo in questo modo:

  • Why: a quali cause, a quale purpose, a quale visione crede il leader? Quale mondo lui / lei (e dunque l’azienda fondata e/o guidata) sperano di vedere nel futuro, e contribuiscono quotidianamente a plasmare?
  • How: in che modo raggiungere questi valori alti e questa visione? Attraverso quale approccio, possibilmente idiosincratico e firm-specific?
  • What: con quali prodotti / servizi attuali o in pipeline aziendale?

Generalmente, uno strumento di questo tipo si compila in modo collaborativo con l’imprenditore o il manager rispetto a cui si desidera sviluppare il piano, cercando insieme di comprendere a fondo ciascuna delle tre dimensioni.

Esso porrà così le basi per l’organizzazione di un agire comunicativo efficace. Più nello specifico, il framework darà il “là” alla scelta dei canali di comunicazione e alla produzione editoriale vera e propria rispetto a cui dovranno essere tenuti a mente questi elementi fondamentali:

  • Storyline mapping e content mix: quali sono gli argomenti (storyline) da discutere online, e attraverso quali formati di contenuto (content mix – es. statico, video, long form come i LinkedIn Pulse o short form come le Stories).
  • Approccio crossmediale / transmediale: nel momento in cui il leader si posiziona su più canali, viene prediletta una strategia editoriale unica oppure si preferisce segmentare in funzione degli stessi canali e delle relative audience?
  • Calendario editoriale: quanti contenuti pubblicare al mese in funzione dei canali attivi e dell’approccio di content marketing definito? Il consiglio è di non superare i 3-4 in media, per non eccedere nell’esposizione. In supporto dei contenuti pubblicati organicamente, nel caso di LinkedIn è possibile fare leva su un formato pubblicitario creato ad hoc chiamato Thought Leader Ads, che permette di promuovere un post specifico direttamente dal Business Manager della pagina aziendale LinkedIn.
  • Strategia di interazione con Peer e altri stakeholder: nel momento in cui il contenuto ottiene un commento, cosa fare? E se questo commento viene da un peer – nel caso di un imprenditore e Amministratore Delegato, da un un suo pari di altra azienda – quali sono le linee guida di interazione?
  • Ritorno dell’Investimento (ROI): cosa ci si aspetta dal progetto? Quali sono i macro-obiettivi (per esempio: aumento follower del business leader, ‘gioco di sponda’ rispetto ai canali aziendali, incremento dell’engagement delle community, impatto sull’equity di marca complessiva, …) e come saranno misurati?

Ora abbiamo una prima ricetta per eleggere le prime linee aziendali come potenti Content Creator per il business.

Non ci sono più scuse: pronti? Via!