Dati, metriche e KPI per misurare e ottimizzare il tuo business

Dati, metriche e KPI per misurare e ottimizzare il tuo business

Alberto Maestri Pubblicato il 12/7/2022

KPI, dati, metriche per ottimizzare la tua marketing communication

Lo sai meglio di me: il mercato è un contesto in continuo divenire. Ci muoviamo in uno scenario in costante cambiamento nel quale ciò che ieri funzionava oggi non è più applicabile – e viceversa.

Non possiamo guardare in una sfera di cristallo e prevedere ciò che accadrà nel futuro e come muoverci con assoluta certezza per evitare errori. Possiamo però guardare la situazione dall’alto, metterci in posizione favorevole sopra il nostro mercato di riferimento (analisi), individuare il percorso migliore da intraprendere (strategia) e agire in modo efficace ed efficiente (operatività). Il marketing funziona come una bussola che permette di orientarsi in ogni contesto, anche quelli più complessi e imprevedibili.

Ma per arrivare con successo alla meta abbiamo bisogno del supporto dati – in particolare della loro raccolta, elaborazione e trasformazione in informazioni utili.

Abbondanza di dati e importanza delle metriche

È certamente vero che le aziende oggi hanno un grande vantaggio rispetto al passato in termini di abbondanza di dati. Ma anche se essi sono ampiamente disponibili, ci sono poche indicazioni su:

  • quale metrica monitorare
  • cosa misurare
  • come mappare lo scenario
  • dove iniziare
  • come ordinare il pensiero

Selezionare le metriche è quindi tutt’altro che semplice: sceglierne una piuttosto che un’altra può portare a conseguenze indesiderate.

È invece molto semplice innamorarsi delle vanity metrics, quei numeri che continuano a salire e ci fanno sentire bene, quando in realtà non ci aiutano concretamente a prendere decisioni che impattano concretamente sulle performance. Alcune metriche di vanità sono il numero di accessi al sito web, le pagine visualizzate, il numero di visitatori, i follower/like di una pagina social, le e-mail raccolte o ancora il numero di download di un contenuto (per esempio, di un file audio).

Il criterio più importante di una buona metrica è che cambia e orienta il modo in cui ti comporti, ma non solo. Essa, infatti:

  • risponde alle domande poste nella precedente fase di analisi;
  • forza ad avere obiettivi chiari per raggiungere il successo;
  • ‘muove’ l’intera azienda per mantenere la concentrazione su un numero limitato di elementi cruciali;
  • ispira una cultura di sperimentazione e ad entrare al più presto possibile nel ciclo “costruisci, misura, impara” per apprendere dai piccoli fallimenti evitandone di più grandi.

Le metriche, indipendentemente dalla loro efficacia, devono sopportare i test del tempo e i cambiamenti dell’attività. A un certo punto si giungerà ad un bivio: senza dati utili non si potrà proseguire con l’azione, quindi la metrica sarà da eliminare. Al contrario, se l’analisi sarà stata efficace, essa porterà ad un miglioramento. È importante sottoporre periodicamente le metriche a questo test per selezionare quelle che portano valore (da mantenere) e quelle inutili (da eliminare).

Quali dati interessano davvero alla mia azienda?

Fino a questo momento ci siamo riferiti all’argomento con il termine ‘metriche’; spesso, però, nel mondo del marketing tale concetto viene confuso con KPI (Key Performace Indicator). Comprendiamone allora in modo chiaro le differenze.

Nella sua forma più semplice, una metrica non è altro che una misurazione che si sfrutta per tenere traccia di alcuni aspetti dell’attività aziendale misurandone il successo o il fallimento.

Le metriche sono quantificabili, consentono di dichiarare puntualmente i risultati e mostrano come stanno andando le azioni di business rispetto a un obiettivo prefissato.

Anche un KPI è una misura. Come le metriche, devono essere molto ben definiti e quantificabili. La differenza è che questi tipi di misurazioni si riferiscono a uno specifico obiettivo strategico e riflettono il successo dell’azienda nel raggiungimento di tale obiettivo.

Entriamo ora nello specifico, andando ad evidenziare alcune delle metriche da analizzare per migliorare le performance del business. Nel suo libro Data-Driven Marketing, Mark Jeffrey le divide in a) non finanziarie, b) finanziarie, c) relative al cliente e legate al marketing online. Vediamole in altrettanti focus.

Focus: metriche non finanziarie

Nello specifico, tra le metriche non finanziarie troviamo:

  • brand awareness: serve per monitorare la consapevolezza del brand e l’impatto del marketing, poiché una marca forte determina la preferenza nella decisione d’acquisto e consente un sovrapprezzo (premium price);
  • test drive: analizza quante persone comprano un prodotto su un numero massimo di campioni;
  • churn (abbandono): è la metrica della fedeltà, poiché riguarda il tasso di abbandono dei clienti. Essa può avere un impatto profondo sulla redditività dell’azienda;
  • CSAT (Customer Satisfaction): collega il brand con la fidelizzazione dei clienti;
  • take rate (tasso di acquisizione): è relativa alla percentuale di persone che ascoltano l’offerta della campagna e la accettano.

Focus: metriche finanziarie

La finanza è il linguaggio del business: padroneggiarla è fondamentale per comprenderne i meccanismi e dialogare correttamente con i diversi livelli aziendali.

All’interno del settore, la prima metrica da conoscere è il ROI (Return On Investment), il rapporto tra costi e benefici per stabilire se un’attività di marketing è stata davvero efficace. Nella definizione classica però ci sono due problemi, entrambi relativi alla variabile del tempo.

  • In primis, il ROI non può essere considerato una costante perché è ormai assodato come le risorse economico-finanziarie perdano valore col passare degli anni.
  • Il secondo problema riguarda il periodo considerato. Ad esempio, si può avere un ROI del 100% sia per una campagna di nove mesi, sia per una di tre anni. Il valore è lo stesso, ma le campagne sono completamente diverse.

Per ovviare a questi problemi, si sfrutta la combinazione di tre metriche finanziarie:

  • NPV (Net Present Value): il profitto meno il costo in ogni periodo di tempo, tenendo conto del valore temporale del denaro;
  • IRR (Internal Rate of Return): il tasso di rendimento interno, una misura della redditività di una qualsiasi attività economica. Sulla base di questa si prendono decisioni consapevoli in merito all’opportunità di intraprendere o meno un progetto;
  • payback: è il tempo necessario affinché il profitto sia uguale al denaro investito (per esempio, nella campagna di comunicazione commerciale).

Focus: metriche relative al cliente e di marketing digitale

Infine, teniamo conto delle cosiddette internet marketing metrics per tenere traccia delle attività online. Ecco le più frequenti:

  • CPC (Cost Per Click): calcola il costo per click su un collegamento di ricerca sponsorizzato o un banner pubblicitario;
  • TCR (Transaction Conversion Rate): calcola la percentuale di clienti che acquistano dopo aver fatto clic sul sito web;
  • ROA (Return On Ad dollars spent): misura l’efficienza delle entrate nette dagli investimenti pubblicitari quando l’azione finale è l’acquisto di un prodotto o servizio;
  • frequenza di rimbalzo (bounce rate): la metrica essenziale per capire l’efficacia del sito web, consente di valutare se il contenuto attira l’attenzione dei clienti oppure li fa ‘scappare’ subito, e quali canali di marketing funzionano meglio.

Gli strumenti utili per tenere traccia dei KPI

La comprensione delle metriche e dei KPI è il punto di partenza fondamentale per approcciarsi al mondo dell’analisi. È ora il momento di testare e ricavare valore da tutti quei dati che, che tu ne sia consapevole o meno, genera il tuo business. A proposito, ecco di seguito una lista iniziale di alcuni strumenti di web analytics.

  • Google Analytics: è il sistema di web analytics più conosciuto al mondo. Per la sua diffusione è un tool che viene costantemente migliorato e innovato, è gratuito e ci sono tonnellate di informazioni e guide su come sfruttarlo al meglio. Tuttavia, non è adatto a tutte le applicazioni. Google Analytics pone un forte accento sull’ottimizzazione dei motori di ricerca (SEO) e sulle prestazioni degli annunci pubblicitari, ma non è altrettanto efficace nel valutare il comportamento dei clienti. E per imparare a usarlo al meglio, Google mette a disposizione un’intera Academy!
  • Clicky: è uno strumento che tiene traccia dell’utilizzo del sito web ed è anche in grado di generare mappe di calore (heatmap, strumenti sotto forma di rappresentazione grafica a colori che evidenziano le aree in cui le persone online focalizzano la loro attenzione e quindi ne mostrano il comportamento) per singoli utenti piuttosto che per gruppi di user. Esistono diversi piani a pagamento per monitorare i siti web con grandi volumi di pagine viste, ma l’ideale è iniziare con la versione gratuita fino ad un massimo di 3.000 pageview.
  • Open Web Analytics (OWA): è uno strumento gratuito e open source che fornisce tutte le metriche che ci si aspetta da una piattaforma di analisi. Queste includono i siti di riferimento, le pagine viste e i visitatori unici. OWA può anche tracciare i flussi di clic e produrre heatmap. È possibile utilizzare questi dati per costruire un profilo approfondito di come i visitatori interagiscono con le vostre pagine e utilizzare questi dati per aumentare i tassi di conversione, individuando i percorsi e le azioni dei visitatori prima che diventino conversioni.
  • Crazyegg: con un piano base offerto a 29$ / mese, è uno strumento di ottimizzazione dei siti web con un particolare focus sui tassi di conversione e sull’analisi delle interazioni con le pagine. Esistono poi funzioni specifiche per l’analisi dei funnel per la conversione dei clienti e per l’implementazione di A/B test.

Tra definizioni, esempi e strumenti ora non hai più scuse per iniziare il tuo percorso di ottimizzazione del marketing aziendale attraverso dati, numeri e KPI!