Dal Marketing Funnel all’AI Search: come l’intelligenza artificiale rivoluziona i percorsi di ricerca e il Customer Journey

Dal Marketing Funnel all’AI Search: come l’intelligenza artificiale rivoluziona i percorsi di ricerca e il Customer Journey

Alberto Maestri Pubblicato il 12/12/2025

Dal Marketing Funnel all’AI Search: come l’intelligenza artificiale rivoluziona i percorsi di ricerca e il Customer Journey

Di Customer Journey, negli anni su questo blog, abbiamo già parlato tanto. Ci siamo interrogati sul suo significato e sulle modalità migliori per mapparlo e abbiamo sviluppato linee guida pratiche per qualificare e gestire il percorso del cliente.

Si tratta in effetti di un tema che ci sta a cuore, per due principali ragioni. Prima di tutto, perché rappresenta un argomento fondamentale per ottimizzare il marketing e sviluppare il business; secondariamente, per via dei continui studi e delle ricerche che vi ruotano attorno e che ne hanno tracciato l’evoluzione nel corso del tempo.

Breve cronistoria delle ricerche sul Customer Journey

Rispetto a questa seconda dimensione più analitica, ricordo per esempio alcune milestone:

  • L’introduzione nel 2020 del Messy Middle per opera di Google, un concetto che descrive il percorso decisionale non lineare e caotico dei consumatori tra il momento in cui nasce un bisogno e l’acquisto effettivo. Il Messy Middle si caratterizza per un ciclo continuo di esplorazione (ricerca di opzioni) e valutazione (analisi dei prodotti), durante il quale le persone vengono influenzate da una grande quantità di informazioni, recensioni e anche bias cognitivi.
  • L’ultima e più recente proposta di un nuovo Customer Journey dall’animo digitale fatta da un’altra società di consulenza internazionale – BCG, secondo cui esistono quattro comportamenti chiave alla base dell’esperienza dei consumatori di oggi che rimodellano il modo in cui le persone scoprono e interagiscono con i brand: streaming, scrolling di contenuti, ricerca e shopping.

In questi ultimi mesi, però, l’avvento e la rapida diffusione della Generative AI anche per le ricerche di contenuti, informazioni e risposte ha spostato nuovamente l’asse. Stiamo passando da un contesto dominato da pagine di risultati a una situazione di sintesi generate dai Large Language Models che riassumono contenuti diversi, spesso completi di citazioni e fonti.

L’AI Generativa per le ricerche delle persone

L’intelligenza artificiale generativa è un tipo di intelligenza artificiale in grado di creare contenuti originali, ad esempio linguaggio naturale, immagini, audio e codice. L’output di un’AI generativa si basa sugli input forniti dall’utente in forma di prompt. Un modo comune per consentire agli utenti di interagire con la Generative AI consiste nell’usare applicazioni di chat che usano il linguaggio naturale come input. Le applicazioni di intelligenza artificiale generativa che usano il linguaggio naturale come input sono basate su modelli di linguaggio di grandi dimensioni (Large Language Model – LLM) per eseguire l’elaborazione del linguaggio naturale (Natural Language Processing – NLP).

Questa citazione ripresa dai canali di Microsoft è importante per allineare le prime conoscenze sui temi dell’AI generativa e degli LLM – di cui il più famoso è certamente ChatGPT. Secondo recenti ricerche, proprio ChatGPT e Gemini (Google) sono i due LLM più familiari agli occhi degli utenti. Addirittura le persone si rivolgono in modo intimo al primo, chiamandolo amichevolmente “chat”.

E proprio ChatGPT – o meglio chi l’ha sviluppata, OpenAI – in Settembre 2025 ha rilasciato l’interessante studio How people are using ChatGPT legato all’analisi dell’uso che noi, come utenti, facciamo dello strumento.

I risultati sono interessanti:

  • Tre quarti delle conversazioni con questo AI chatbot si concentrano su indicazioni pratiche, ricerca di informazioni e scrittura, con la scrittura come attività lavorativa più comune, mentre la programmazione e la self expression rimangono attività più di nicchia.
  • Il 70% delle conversazioni che facciamo con ChatGPT è slegata dal lavoro, mentre il 30% ha a che fare con motivi professionali.
  • I casi d’uso sono poi stati riassunti in 3 grandi famiglie: Chiedere, Fare ed Esprimere. Circa la metà dei prompt (49%) è legata alla sfera del Chiedere, una categoria che dimostra che le persone apprezzano ChatGPT soprattutto come ‘spalla’ piuttosto che per il completamento autonomo di un compito. Fare (40% dell’utilizzo, di cui circa un terzo per lavoro) comprende interazioni orientate a compiti come la stesura di testi, la pianificazione o la programmazione, dove il modello viene utilizzato per generare output o completare un lavoro pratico. Esprimere (11% dell’utilizzo) comprende utilizzi che non sono né chiedere né fare, ma che di solito implicano riflessioni personale, esplorazioni e attività ludiche.

La diffusione dell’AI Search

Sempre di più, insomma, usiamo l’intelligenza artificiale per domandare. E quali sono gli effetti sui Customer Journey?

Spoiler: sono importanti e di ampia / crescente portata. Un articolo pubblicato da Bain mappa gli usi più puntuali in termini di prompting che facciamo nell’interazione con ChatGPT: chiedere alla macchina consigli di shopping è ormai all’ordine del giorno, così come domandare di analizzare e interpretare le diagnosi e i test legati alla nostra salute e al benessere psico-fisico (rispetto a cui esiste poi un trend crescente dove gli AI chatbot prendono per qualcuno il posto degli psicologi).

Analizzando più in profondità i dati legati agli acquisti, si nota che alcuni prodotti stanno guadagnando (o perdendo) terreno rispetto ad altri, con segnali decisi provenienti dalle categorie tech, bricolage, cosmetica e abbigliamento.

Inoltre, si è assistito a un incremento nei link aggiunti da ChatGPT alle risposte: tra Marzo e Giugno 2025 i click-throughs si sono addirittura triplicati – da 100.000 a 300.000!

Questo cambiamento suggerisce che gli utenti non utilizzano ChatGPT solo per i consigli, ma anche per trovare link a prodotti o contenuti specifici in modo del tutto simile a un motore di ricerca tradizionale.

Tali dinamiche hanno anche un forte impatto sull’uso con cui consumiamo i contenuti sugli stessi motori di ricerca nelle ricerche tradizionali. Prima dell’estate 2025 Google ha introdotto l’AI Overview – l’evoluzione in salsa AI degli snippet (i box in cima alla pagina di ricerca che mostravano un estratto della risposta più pertinente). Una funzionalità di ricerca di Google che utilizza l’intelligenza artificiale per generare un riassunto automatico sempre in cima alla pagina dei risultati per fornire una risposta immediata a domande di varia complessità. Ecco, per esempio, l’AI Overview che… spiega il concetto di AI Overview 😋

Dopo l’AI Overview, per situazioni e dinamiche di ricerca più complesse, è giunto poi il tempo dell’AI Mode: un pulsante interno al motore di ricerca visibile nella barra di Google che se cliccato cambia completamente l’esperienza di ricerca. Invece di limitarsi a mostrare i risultati, analizza e sintetizza le informazioni da diverse fonti per offrire una risposta unica, elaborando anche domande complesse e permettendo interazioni conversazionali (ad esempio attraverso immagini e voce).

I link non sono più il cuore della ricerca, ma un corollario che mostra da dove provengono le informazioni utilizzate da AI Mode.

AI Overview e AI Mode sono modalità definite di AI summaries – ovvero, risultati intelligence-generated messi a disposizione da Google per ottimizzare le ricerche delle persone e i loro customer journey. Anzi, oserei dire più che ottimizzare: si tratta di un’accelerazione molto netta ed estrema verso lo scenario chiamato di zero-click search – che si verifica quando un utente trova la risposta alla propria domanda direttamente nella pagina dei risultati.

Ma quali sono gli effetti? Una ricerca fatta da Pew Research Center analizzando le modalità di ricerca di contenuti e informazioni di 900 adulti statunitensi nel Marzo 2025 porta risultati interessanti:

  • Gli utenti di Google che si imbattono negli AI summary sono meno propensi a cliccare sui link ad altri siti web rispetto agli utenti che non lo leggono. Spesso, non cliccano nemmeno su eventuali link contenuti nello stesso summary! D’altronde, presentando la funzionalità AI Mode, il CEO di Google Sundar Pichai ha parlato di end-to-end AI Search experience. Più chiaro di così…
  • È più probabile che gli utenti interrompano completamente la sessione di navigazione subito dopo aver visitato una pagina di ricerca con un AI summary rispetto alle pagine che ne sono sprovviste.
  • Le fonti citate più frequentemente sia nei summary di Google sia nei risultati di ricerca standard sono Wikipedia, YouTube e Reddit.
  • Le ricerche fatte su Google che contengono più parole, pongono domande o utilizzano frasi complete tendono a produrre più spesso AI summaries.

L’evoluzione della Content Strategy nell’era delle intelligenze conversazionali

Insomma, spero di avere fatto passare forte un messaggio: l’AI è qui per restare, e per impattare fortemente sul customer journey delle persone e dunque dei nostri clienti. Cosa possiamo iniziare a fare per farci trovare pronti, e come impatterà tutto ciò nelle Content Strategy di domani?

Se gestite un sito di contenuti o un’attività di e-commerce, sappiate che non è più sufficiente essere menzionati attraverso le (ormai tradizionali) strategie SEO: l’ottimizzazione per l’intelligenza artificiale (AIO), chiamata anche generative engine optimization (GEO), rende necessario essere linkati e comparire nelle risposte degli LLM.

Immaginando uno scenario distopico, ovvero di crollo drammatico di visite alle pagine web per via di questi nuovi AI chatbot e degli LLM, la BBC parla di Machine Web: ovvero, l’avvento di una rete in cui i siti web saranno progettati per essere letti solo ed esclusivamente dalle macchine, e dove l’unico modo di consumare informazione avverrà attraverso i riassunti e i rimasticamenti dell’intelligenza artificiale. In poche parole: le macchine diventeranno l’audience da soddisfare. Esse, a loro volta, dialogheranno con le persone.

Occorre comunque sottolineare che la Generative AI non ha (ancora?) sostituito le tradizionali modalità di ricerca – sia per una questione di abitudine, sia per la diffidenza che ancora aleggia intorno alle ricerche degli utenti abilitate dai prompt e ottimizzate dall’intelligenza artificiale. Dunque, almeno per ora occorre ragionare considerando l’AI conversazionale un ulteriore canale a disposizione delle persone per trovare contenuti, informazioni e dunque… aziende e brand.