I maestri della grafica: Jonathan Barnbrook

I maestri della grafica: Jonathan Barnbrook

Ciro Esposito Pubblicato il 3/1/2021

Dei grafici si sa, è molto probabile che la maggior parte delle persone abbia visto (o forse anche acquistato) qualche artefatto, piuttosto che sentito il suo nome, o visto il suo volto. Vale per tutti, anche per Jonathan Barnbrook, autore di progetti grafici che di sicuro più di qualcuno di voi ha visto, come le ultime due copertine degli album di David Bowie. Nell’ultimo — ★ (Black Star) uscito due giorni prima della morte di Bowie — più di qualcuno lo ricorderà, era presente solo una stella nera e dei simboli grafici, che rimandavano al nome della rockstar inglese.

Gli inizi con il lettering delle band musicali

Jonathan Barnbrook è nato a Luton (UK) nel 1966. Ha studiato al Saint Martins College of Art and Design e al Royal College of Art. Ha cominciato a dedicarsi al graphic design all’età di 16 anni, attratto dalle copertine dei dischi e dalle forme delle lettere dei nomi delle band musicali. Dal nome e dal lettering, dice Barnbrook, è possibile vedere tutta l’ideologia e la filosofia di una band. Quando la copertina di un album funziona succede qualcosa di magico, e in qualche modo si ama di più la musica che si sta ascoltando[1]. Fin da subito ha cominciato a disegnare lettere, e poi intere famiglie di caratteri. Prima di finire il college era già abbastanza conosciuto, con lavori pubblicati in varie riviste di design europee, americane e giapponesi[2]. Conclusi gli studi, nel 1990, fonda il suo studio personale, Barnbrook Design, e qualche anno più tardi, nel 1997, la sua type foundry, Virus Studio.

Nel 1992 la type foundry americana Emigre mette in catalogo due suoi font, Exocet e Mason. Il Mason in un primo momento era Manson, ma dopo numerose lamentale ricevute, perché ricordava il cognome del noto serial killer della California Charles Manson, fu rinominato “Mason”. Il Mason dal 2011 fa parte della collezione permanente del MoMA.

Il font Mason

Grafica e politica

Barnbrook ha sempre usato il linguaggio del Graphic Design non solo per produrre artefatti, ma anche per comunicare le sue idee, spesso di natura politica. Il Graphic Design non può essere solo uno strumento al servizio delle multinazionali e del profitto, per incentivare il consumo di prodotti[3]. Nel suo profilo sul sito del Design Museum, che nel 2007 gli dedica una retrospettiva, lo definiscono «pioniere di un graphic design con una coscienza sociale». La mostra, intitolata Friendly Fire, riflette la sua produzione più politica, e una visione creata dal desiderio di formulare una critica della propria professione e alla società. Barnbrook si è occupato dell’allestimento della mostra, e naturalmente del catalogo che lo accompagnava, Barnbrook Bible.

Il catalogo della mostra Friendly Fire

Per Barnbrook con il lavoro politico si ha la possibilità di restituire significato al design, che non sempre ne ha. Spesso, quando si pensa alla grafica politica e di propaganda, si pensa ai regimi totalitari, mentre la grafica commerciale è considerata priva di idee politiche. Per Barnbrook essere un grafico commerciale è già un’idea politica molto forte. «Ignorare le questioni intorno alle fabbriche che sfruttano i lavoratori, ignorare il fatto che stai acconsentendo a spingere senza sosta un’economia di mercato è una decisione politica»[4].

Un’immagine della mostra Friendly Fire

Nel 2001 collabora, come art director, per la rivista Adbuster, un’organizzazione canadese no-profit, ambientalista e “anti-pubblicitaria”. In quel periodo realizza un cartellone pubblicitario di grande formato con una citazione di Tibor Kalman: “Designers, stay away from corporations that want you to lie for them”, esposto per la prima volta durante una conferenza dei membri dell’AIGA (l’associazione dei grafici degli Stati Uniti), a Las Vegas.

Il cartellone pubblicitario con la citazione di Tibor Kalman
Una delle copertine curate da Barnbrook per Adbuster
Una doppia pagina della rivista Adbuster

Nel 2011, Barbrook ha collaborato con il movimento di Occupy London, realizzandone anche il marchio.

Il logo di Occupy London

La collaborazione con Damien Hirst

Nel 1997 collabora con Damien Hirst, all’epoca astro nascente dell’arte contemporanea, oggi uno dei più noti artisti contemporanei. Con, e per, Hirst realizzata la sua monografia I want to spend. Nel libro ogni opera viene trattata in maniera diversa, con “espedienti” come “pop-up” e adesivi, e dove il nome di Hirst viene mostrato come se fosse un medicinale. La monografia, che ha poi ricevuto numerosi premi di design, è il punto di partenza di un’altra collaborazione tra Hirst e Barnbrook, l’allestimento di Pharmacy, un ristorante-caffetteria a Notting Hill.

La copertina della monografica dedicata a Damien Hirst “I Want To Spend The Rest Of My Life Everywhere, With Everyone, One To One, Always, Forever, Now”
L’interno della monografica dedicata a Damien Hirst “I Want To Spend The Rest Of My Life Everywhere, With Everyone, One To One, Always, Forever, Now”

Le copertine degli album di David Bowie

La collaborazione più nota di Barnbrook è sicuramente quella con David Bowie. Cominciata con la copertina dell’album Heathen del 2002 e proseguita fino agli ultimi due album di Bowie, The Next Day e ★ (Black Star). Quest’ultimo si è aggiudicato anche il Grammy nella categoria “Best Recording Package”.

La copertina di Heathen
La copertina di The Next Day

Per tutti e tre gli album citati poco sopra Barnbrook ha disegnato dei font ad hoc. Per The Next Day ha realizzato un font falso-modernista, il Doctrine (usato anche per il sito dello studio). L’immagine di copertina riprende la copertina di un vecchio album Bowie (Heroes) coprendola con un rettangolo bianco, come capita con i manifesti coperti da altri manifesti. Per Black Star ha realizzato un font fatto di simboli grafici legati alla stella. Il font è open source e scaricabile dal sito bowieblackstar.net

La copertina di Black Star
La copertina del vinile di Black Star

In un’intervista alla rivista Creative Review, parlando di Black Star, dice che l’idea è venuta fuori dalle tante discussioni avute con Bowie. Discussione stimolata da un incontro di Barnbrook con lo scrittore William Burroughs, 25 anni prima. In quell’incontro si parlava di tipografia e Burroughs gli disse che le forme delle lettere sarebbero tornate ai geroglifici, simili agli antichi egizi[5].

Nel 2013 il Victoria and Albert Museum ha dedicato una mostra a David Bowie, David Bowie Is. Per l’occasione Barnbrook ha progettato il catalogo. Nelle prime pagine ci sono una serie di simboli grafici, ciascuno ispirato a un momento chiave della carriera di David Bowie.

La copertina del catalogo della mostra David Bowie Is
L’interno del catalogo della mostra David Bowie Is
L’interno del catalogo della mostra David Bowie Is

La copertina di Arancia Meccanica

Nel 2014 per celebrare i cinquant’anni della prima edizione, la casa editrice inglese Penguin affida a Barnbrook la copertina di Arancia Meccanica. Nelle mani di Barnbrook la copertina diventa un cerchio arancione con solo una parte del titolo, il titolo originale in inglese è A Clockwork Orange.

La copertina di Arancia Meccanica

La musica elettronica con Fragile Self

Negli ultimi anni, assieme alla moglie Anil Aykan, ha dato vita a un progetto di musica elettronica chiamato Fragile Self. Un duo che si concentra tanto sulle immagini quanto sulla musica, il loro album ha richiesto diversi anni per essere realizzato e include un tomo di 480 pagine che visualizza i dettagli poetici di ogni canzone[6].

Il libro del duo elettronico Fragile Self
La copertina del disco del duo elettronico Fragile Self

Progettare per un vasto pubblico

In un’intervista alla rivista It’s Nice That, Barnbrook dice di essere affascinato da progetti molto grandi, come quello delle Olimpiadi o dei Mondiali di calcio, visibili ovunque e da chiunque. Fascino non dovuto all’appagamento del suo ego, ma all’incredibile potere del graphic design di riuscire a comunicare a così tante persone. Quando poi un progetto grafico, oltre a essere enorme, è anche ben riuscito sembra non sia stato disegnato da nessuno. Lo diceva Milton Glaser in un’intervista di qualche tempo fa, parlando del suo celebre «I ♥ NY»[7]:

Quel logo ha ormai una strana caratteristica: sembra non sia stato disegnato da nessuno […] Sembra uno strano reperto storico. Non dà l’idea di essere qualcosa che è stato progettato. Sembra così… non so, inevitabile. E probabilmente tutte le cose migliori che uno fa sembrano inevitabili.

Lo stile di Barnbrook è collocato nel post-modernismo, anche se ha sempre rifiutato questa etichetta. Il suo approccio visivo al design orbita nel “no-rules”. Un “no-rules”, però, non fine a se stesso. La scelta di rientrare o meno nei classici canoni dell’armonia visiva o della corretta composizione, dipenda da quanto sia funzionale al progetto, se può aggiungere qualcosa. Essere un grafico significa interporsi tra lo spettatore e le parole stampante. È un ruolo di grande responsabilità che Barnbrook tiene sempre ben presente qualsiasi progetto deve realizzare1. Interrogarsi si quale sia il proprio ruolo e dell’impatto che si può avere nella società, secondo Barnbrook, dovrebbe essere una priorità di tutte le persone che si occupano di Graphic Design.

[1]            Da un’intervista su YouTube, Design Duo 2017

[2]            Rick Poynor, Reputations: Jon Barnbrook, Virus, Eye Magazine, 1994

[3]            Lucy Bourton, Graphic design is political: Jonathan Barnbrook on how we can build a better industry, It’s Nice That, 2020

[4]           Katrina Schollenberger, In conversation with Jonathan Barnbrook, Artefact Magazine, 2015

[5]            Mark Sinclair, Bowie, Barnbrook and the Blackstar artwork, Creative Review, 2015

[6]           Lucy Bourton, Graphic design is political: Jonathan Barnbrook on how we can build a better industry, It’s Nice That, 2020

[7]            Ciro Esposito, Un’intervista a Milton Glaser, Dispenser.Design, 2020