KBr, centro di riferimento della fotografia

KBr, centro di riferimento della fotografia

Anabel Herrera Pubblicato il 5/12/2021

Gli Yanomami sono uno dei gruppi indigeni più grandi e minacciati del Sud America. Vivono nelle foreste e nelle montagne del nord del Brasile e del sud del Venezuela. Negli anni ’70, la dittatura militare brasiliana ha lanciato un programma per sfruttare la regione amazzonica, compresa la costruzione, senza preavviso, di un’autostrada che attraversa il territorio yanomami. Per queste persone il contatto con il mondo esterno ha significato enormi sconvolgimenti sociali, oltre alla diffusione di malattie per le quali non erano immunizzati. La fotografa Claudia Andujar entrò in contatto con loro per la prima volta nel 1971, mentre lavorava a un articolo per la rivista brasiliana “Realidade”. E da allora non ha smesso di impegnarsi nella difesa dei diritti culturali e territoriali di questa comunità. Ora il suo lavoro è esposto al KBr, il nuovo centro fotografico della Fondazione Mapfre di Barcellona, insieme a una mostra sul dagherrotipo.

Una foto scattata al nuovo Kbr centre di Barcellona.

KBr è il simbolo chimico del bromuro di potassio, un sale utilizzato nel processo di sviluppo della fotografia analogica per ottenere una maggiore purezza dei bianchi nell’immagine. Ed è anche il nome di questo nuovo centro che ha portato una ventata di novità nel panorama culturale della città di Barcellona, purtroppo punito dalla crisi sanitaria provocata dal coronavirus.

Divulgazione di classici e autori contemporanei

Ai piedi della Torre Mapfre, emblema della città situato sul lungomare, sorge un edificio di 1.400 m2 distribuiti su due piani. In totale due sale espositive, uno spazio per attività didattiche, una sala polivalente per eventi e incontri con il pubblico e una libreria. Lo spazio sostituisce la precedente sede, presso Casa Garriga Nogués, un grande esempio del Modernismo catalano.

Immagine estratta dalla recente esposizione di Billy Brandt al Mapfre Kbr Centre di Barcellona.

KBr vuole quindi portare a proseguimento il progetto divulgativo iniziato qualche anno fa, con la promozione sia dei grandi classici della fotografia sia degli affermati autori contemporanei, ma l’offerta si amplia anche con notevoli novità. Ad esempio, saranno organizzati incontri e cicli di conferenze e verrà sviluppato un programma educativo permanente con l’intento di formare le generazioni future alla comprensione del linguaggio fotografico e della sua dimensione artistica. Verrà inoltre istituito un premio internazionale di fotografia.

Mostra fotografica di Claudia Andujar

Il centro KBr della Fondazione Mapfre, che collabora con alcune delle principali istituzioni fotografiche del mondo, ospita attualmente la più grande mostra dedicata al lavoro di Claudia Andujar. La mostra raccoglie circa trecento fotografie e una serie di disegni realizzati dal popolo yanomami, oltre a libri, proiezioni audiovisive e documenti.

Claudia Andujar Susi Korihana thëri nadando, Catrimani, Roraima, 1972-1974 © Claudia Andujar

Il nome dell’autrice, in realtà, è Claudine Hass, e sebbene sia nata in Svizzera, da adolescente si rifugiò con la madre a New York fuggendo dall’orrore dei campi di concentramento nazisti, in cui morirono alcuni suoi parenti, tra cui suo padre. Nel 1955 visita per la prima volta il Brasile e, dopo diversi viaggi, decide di soggiornare e vivere a San Paolo, dove trova nella fotografia un metodo per comunicare e interagire con la popolazione locale. “Sono legata e connessa con gli indigeni, con la terra, con una lotta essenziale. Tutto questo mi commuove profondamente. Sembra tutto necessario. Forse non lo capisco molto, né cerco di capirlo. Ma non è necessario, basta amare. Forse ho sempre cercato la ragione della vita in quell’essenzialità. Ed è per questo che sono arrivata nella foresta amazzonica, d’istinto, mentre ero alla ricerca di me stessa”, ci rivela l’artista.

Yanomami in the construction work of the North Perimeter Highway, Roraima State, 1975 © Claudia Andujar – Courtesy Fundación MAPFRE
The Yanomami may burn their collective house when they migrate, to rid themselves of contagions, or if an important leader dies. Infrared film, Catrimani, Roraima, 1972–1976. © Claudia Andujar – Courtesy Fundación MAPFRE

“La mirada cautiva” (Lo sguardo prigioniero), raccolta di dagherrotipi

D’altra parte, una delle linee di programmazione del centro KBr si concentra sulla pubblicizzazione di collezioni e raccolte fotografiche a tema catalano per sostenere e diffondere il patrimonio. In questo senso, espone una collezione di dagherrotipi del Centro di ricerca e diffusione dell’immagine (CRDI) di Girona.

 Autore sconosciuto Ritratti di famiglia, 1840-1860 circa Dagherrotipo 1/2 piastra Collezione Ángel Fuentes de Cía © Josep Maria Oliveras

La comparsa del dagherrotipo, alla fine dell’Ottocento, suscitò grande fascino e l’invenzione fu battezzata “lo specchio della memoria”. L’apparecchio fu divulgato da Louis Daguerre, che nel 1836 ottenne per la prima volta un’immagine su una lastra d’argento. La rivoluzione dagherrotipica si diffuse presto in tutti i paesi, compresa la Spagna, e la fotografia viene inserita tra le pagine stampate come mezzo di diffusione. La mostra ci permette di costruire un racconto sui primi anni di storia della fotografia sia dal punto di vista tecnologico che culturale.

Autore sconosciuto Ritratti di una donna e un uomo, 1840-1860 circa Custodia con due dagherrotipi Collezione Angel Fuentes de Cia © Josep Maria Oliveras

Le due esposizioni, “Claudia Andujar” e “La mirada cautiva” (Lo sguardo prigioniero), possono essere visitate presso lo spazio KBr di Barcellona fino al 23 maggio.