Mauro Lupi: opportunità, creatività, prudenza e realismo per cogliere le potenzialità del metaverso per la comunicazione aziendale

Mauro Lupi: opportunità, creatività, prudenza e realismo per cogliere le potenzialità del metaverso per la comunicazione aziendale

Alberto Maestri Pubblicato il 10/9/2023

Quando parliamo di comunicazione, non possiamo non considerare una delle buzzword degli ultimi mesi: parlo del Metaverso, un paradigma che avvicina il confine fisico con quello digitale, ancora così difficile da inquadrare tra visioni eccitanti e prospettive più timide. Un argomento destinato a diventare “must” per le professioni digitali che stanno rivoluzionando il mercato della comunicazione.

In effetti, solo per citare alcuni numeri che ho ripreso da ByBit:

  • più della metà degli utenti nel Metaverso è caratterizzata da membri anagraficamente appartenenti a GenZ e Gen Alpha;
  • si stima che, entro il 2030, il valore economico direttamente e indirettamente generato dal Metaverso sarà di 1.5 trilioni di dollari;
  • nel contesto statunitense, quasi il 40% delle persone crede che il Metaverso apporterà benefici alla propria quotidianità.

Insomma: sarà anche passato l’hype dell’estate 2022, ma il Metaverso rimane un tema, un paradigma e una pratica da seguire negli sviluppi ed esplorare. Non a caso, anche noi su questo blog ne abbiamo già parlato gli scorsi mesi con un primo inquadramento concettuale. Un dato che fa riflettere in tal senso è quello riportato dall’Osservatorio Realtà Aumentata e Metaverso della School of Management del Politecnico di Milano: in Italia sono stati sviluppati più di 230 progetti metaversici, ma solo l’8 per cento degli utenti internet sa di cosa si tratta. Si tratta di un territorio da esplorare anche per le micro, piccole e medie realtà, se consideriamo le parole di Scott Guttenberger – VP marketing di blockchain Topl.

All’inizio il metaverso sembra un qualcosa che può intimidire, ma in realtà è più facile da capire quando lo si pensa come una serie di esperienze virtuali veicolate via Internet. Molte piccole imprese utilizzano già Internet per offrire un’esperienza a potenziali clienti o clienti.

Proprio per questo motivo, ho pensato di coinvolgere e scambiare alcuni spunti di riflessione con Mauro Lupi.

Mauro è un veterano del digitale: ha contribuito alla nascita e allo sviluppo del mercato internet in Italia, iniziando ad occuparsi di motori di ricerca prima e di comunicazione online in seguito. Strategy Director in DigitalBreak e Formatore esperto, ha scritto alcuni libri tra cui l’ultimo – Digital Business Strategy (FrancoAngeli, 2021) – è diventato nel tempo un manuale molto apprezzato in aziende, università e centri di eccellenza formativa.

Insieme, alcuni mesi fa abbiamo fatto quattro chiacchiere nel suo salotto virtuale proprio in tema di Metaverso: adesso però sono molto curioso di conoscere la sua prospettiva sul potenziale e le opportunità che potrebbero schiudersi. Buona lettura!

Mauro Lupi

Buongiorno Mauro, grazie di questa conversazione. Cosa intendiamo per metaverso, quale è la definizione che ti pare più azzeccata da raccontare a un neofita del tema?

Possiamo dare per scontato che non esiste una definizione unica di metaverso. Sia perché ce ne sono di diverso tipo. Sia perché dobbiamo capire se intendiamo riferirci ai metaversi che esistono oggi oppure a quelli che verranno realizzati in futuro, quelli degli scenari prefigurati dalle aziende tecnologiche i quali, sicuramente, saranno molto diversi. Ad esempio, una delle funzioni che oggi non esiste ma che ci che si auspica possa diventare reale in futuro è la cosiddetta interoperabilità. Ossia la possibilità di passare da un metaverso a un altro, utilizzando i nostri stessi dati oppure lo stesso avatar con le medesime caratteristiche che magari abbiamo personalizzato acquistando degli accessori o altri elementi di abbellimento. È una feature che per adesso non esiste; forse esisterà in futuro se le piattaforme troveranno tra di loro uno standard ma che al momento non si vede ancora all’orizzonte.

Quali sono gli aspetti più di rottura portati dal paradigma del metaverso rispetto a “ciò che esisteva già”, e cosa ti affascina maggiormente del tema?

Credo che uno dei fattori più eccitanti sia l’abbattimento delle leggi della fisica. E quindi la possibilità di costruire spazi, di progettare ambienti con dei criteri totalmente nuovi, non basati sulle regole della fisica classica e sui concetti di spazio come li abbiamo sempre intesi. Mi ha colpito un intervento a un convegno di un architetto che è passato dalla progettazione di ambientazioni fisiche a quelle virtuali. Raccontava proprio di come ad un certo punto si è trovato di fronte alla possibilità di inventare virtualmente qualsiasi cosa. Edifici che fluttuano, smettere di preoccuparsi delle fondamenta o della gravità, e così via. E qui credo che l’immaginazione e la creatività umana potranno trovare spazi enormi.

Comunicare un’attività, un brand, un prodotto nel metaverso: cosa potrebbe cambiare rispetto agli altri ambienti di comunicazione, e cosa resta?

C’è un’interessante aspetto riguardo la comunicazione aziendale se la osserviamo da una prospettiva più ampia. Siamo passati da una comunicazione tipicamente unidirezionale del periodo pre-Internet e poi abbiamo capito come negli ambienti social la comunicazione aziendale doveva adeguarsi ed essere più coinvolgente, considerando che le organizzazioni sono parte di una conversazione. Io credo che il metaverso e gli ambienti virtuali in genere, permetteranno alle aziende di passare al ruolo di padrone di casa. Un ruolo, quindi, che non è solo quello di comunicare, ma di creare delle esperienze coinvolgenti, collettive, immersive. Esperienze da ideare con la funzione di facilitatori, di collettori, proponendo all’interno di questo ruolo anche dei momenti diretti più comunicativi, ma concentrandosi sulla creazione del contesto, del “luogo” e di quello che vi succede “dentro”.

Viceversa, ritengo sia inutile immaginare il metaverso solo come un nuovo spazio dove poter esporre e distribuire messaggi meramente promozionali. Vanno studiate e capite a fondo le opportunità e gli aspetti tecnici che i nuovi ambienti di realtà estesa mettono a disposizione, con l’obiettivo di creare iniziative specificatamente progettate per il metaverso. Altrimenti torniamo alla situazione nella quale i primi siti web venivano fatti digitalizzando le brochure cartacee. Insomma, vanno analizzate con cura le funzioni e i meccanismi di interazione da abilitare, in modo che le persone possano fare e partecipare a qualcosa di differente rispetto alla fruizione di una qualsiasi piattaforma digitale tradizionale. Altrimenti è solo effettistica – e ormai la storia, anche quella della comunicazione d’azienda, ci insegna che non funziona.

Qual è il ruolo del metaverso, per un’azienda, all’interno di una digital business strategy complessiva?

Dipende da qual è la strategia! Non credo ci sia un ruolo più adatto di un altro; le opportunità sono davvero molte. Da quelle di evoluzione incrementale rispetto al passato, ad esempio la creazione di nuovi spazi di relazione col mercato, a quelli più disruptive come, ad esempio, la commercializzazione di nuovi prodotti o servizi totalmente virtuali.

Alla fine, il metaverso deve essere considerato uno dei tanti strumenti a disposizione dell’azienda, ed in particolare del marketing. Ma, come sottolineo anche nel mio ultimo libro “Digital Business Strategy, gli strumenti non possono che essere valutati solo dopo aver compreso bene il posizionamento dell’azienda sul mercato e, soprattutto, dopo aver mappato i bisogni ed i comportamenti dei clienti effettivi e di quelli potenziali.

Metaverse virtual reality and internet futuristic streaming media symbol with VR technology and augmented reality as a computer media concept in a 3D illustration style.

Esistono già buone pratiche e casi di successo? Se sì, quali sono a tuo avviso i più interessanti?

Mi pare che i casi più rilevanti e compiuti siano una decina e tutti di grandi multinazionali. Poi ci sono centinaia di esperimenti un po’ in tutti i settori, in particolare nel mondo B2C. Interessante un report di EY nel quale:

  • da una parte il 42% di un campione di manager italiani ha dichiarato che sicuramente o probabilmente investirà nel Metaverso;
  • nel contempo, il 43% prevede di investire non più di 50.000 Euro. In pratica hanno pianificato di fare solo delle sperimentazioni o poco più.

Segnalo anche che sull’argomento “Metaverso e nuovi ambienti digitali“ ho realizzato un breve corso gratuito nel quale presento i casi d’uso ritenuti più concreti ed efficaci per le aziende, ma dove metto anche in guardia sui punti di attenzione rispetto alla situazione attuale.

Anche per una PMI è possibile immaginare e pianificare un posizionamento metaversico efficace? quali consigli daresti a un’imprenditore per il proprio business?

Naturalmente il consiglio è quello di iniziare a conoscere il fenomeno, con realismo e pragmatismo, magari provando ad applicare qualche ragionamento sulle piattaforme più accessibili come, ad esempio, Spatial.io. Al di là di tutte le teorie, sporcarsi un po’ le mani (anche solo per test interni) produce dei risultati e stimola le idee. Io, ad esempio, ho uno spazio su Spatial nel quale sono disponibili alcuni miei video e le presentazioni dei miei corsi di formazione, ma c’è anche una funzione per prenotare un appuntamento con me.

Segnalo anche una playlist su YouTube dedicata proprio al metaverso e alla realtà estesa, nella quale ho coinvolto colleghi e professionisti di grande spessore proprio per ragionare sulle caratteristiche e sull’evoluzione di questo settore.

Parole d’ordine: opportunità, creatività, ma anche prudenza e realismo.