L’importanza di un linguaggio inclusivo nel marketing

L’importanza di un linguaggio inclusivo nel marketing

Anabel Herrera Pubblicato il 7/22/2022

Linguaggio inclusivo per aziende di successo

“Buongiorno, signore e signori”. Questa era la frase usata dall’equipaggio della Japan Airlines all’inizio degli annunci tramite il sistema di diffusione sonora sui voli nazionali e internazionali. Fino a quando, nel 2020, l’azienda l’ha eliminata perché non rappresentativa della comunità LGBT e di tutte le persone che non si identificano con il genere maschile o femminile. Da quel momento in poi vengono utilizzate formule come “buongiorno”, “buon pomeriggio” o “buonasera” seguite da “a tutti i passeggeri”, più in linea con la sua politica di diversità.

Sebbene siano ancora una minoranza, molti brand hanno iniziato a incorporare formule inclusive nelle loro strategie di comunicazione per raggiungere il pubblico in modo efficace. Nel 2019, uno studio di Google e della società di servizi per la parità The Female Quotient ha rivelato che il 64% degli intervistati intraprende qualche azione dopo aver visto un annuncio considerato diverso o inclusivo, come acquistare un prodotto o servizio, cercare recensioni o visitare il sito Web del marchio.L’influenza del marketing sulle abitudini dei consumatori può avere l’effetto opposto. Pertanto, il 75% dei consumatori della Generazione Z non esiterebbe a boicottare le aziende che discriminano razza e sessualità nelle campagne pubblicitarie, secondo un altro studio di McKinsey. Da qui l’importanza di misurare le parole in qualsiasi tipo di comunicazione.

Un’occasione per entrare in contatto con il pubblico

Il linguaggio inclusivo è una pratica linguistica che promuove intenzionalmente una comunicazione libera da stereotipi e pregiudizi rispettosa di tutti i gruppi, indipendentemente dalla loro età, identità sessuale, colore della pelle, ceto sociale, religione, capacità fisiche ed intellettuali, ecc.

Per i brand è una grande opportunità per mostrare il proprio livello di responsabilità e impegno sociale. Ma se le ragioni di cui sopra non bastassero, la comunicazione con un linguaggio inclusivo fa sì che tutte le persone si sentano riflesse nel messaggio, cioè che nessuno si senta offeso. Se la mission e i valori del brand sono allineati a quelli del pubblico, si genera una connessione, e questo favorisce una reputazione differenziata dalla concorrenza.

Ma arrivare a questo punto significa rivedere tutte le comunicazioni dell’azienda, non solo a livello testuale – post sui social media, contenuti di e-mail, descrizioni dei ruoli professionali – ma anche di identità visiva.

Basta concentrarsi su Apple, che ha iniziato a cambiare la sua guida alla terminologia di codifica per renderla più inclusiva. Ad esempio, i termini “lista nera” (“blacklist”) e “lista bianca” (“white list”), che possono avere una connotazione razzista, sono stati cambiati in “lista consentita” (“allow list”) e “lista bloccata” (“deny list”), rispettivamente.

Un chiaro esempio di linguaggio inclusivo attraverso l’immagine è l’account Instagram di Converse o quello del gruppo L’Oréal, brand riconosciuto per il suo lavoro non solo “di facciata”, ma anche a porte chiuse. Pertanto, si distingue da quattro anni nel Gender Equality Index (GEI) di Bloomberg, che valuta criteri come la leadership di genere, la parità salariale, la cultura inclusiva e le politiche sulle molestie sessuali.

Come creare un linguaggio inclusivo

Ora che abbiamo visto l’estrema importanza del linguaggio inclusivo per l’identità del marchio, spieghiamo diversi elementi di cui tenere conto.

  • Disabilità e condizione medica.

Gran parte del linguaggio che usiamo per descrivere le persone con disabilità può perpetuare stereotipi di debolezza. Per questo vanno evitati idiomi come “soffrire”, “vittima”, “disabile”, “in sedia a rotelle” o “ascensore per disabili”, che potrebbero essere facilmente sostituiti da “accessibile”.

Lo stesso vale per le condizioni mediche o mentali: “persona schizofrenica” invece di “schizofrenico”, oltre ad evitare termini dispregiativi come “strano” o “pazzo”.

  • Età.

L’età non va indicata se non pertinente, e in questo caso va inserita separata da virgole: “Lo studente, di 16 anni, ha superato l’esame”. Pertanto, dovrebbero essere evitate descrizioni come “giovane”, “anziano”, “infantile”, ecc.

  • Genere e sessualità.

È comune rivolgersi a un pubblico con espressioni come “ciao ragazzi” o “ciao ragazze”, ma sarebbe più corretto utilizzare formule come “ciao a tutti”. Parole come “lesbica” o “trans” dovrebbero essere usate come aggettivi, non come sostantivi, ed è preferibile usare “loro” invece di “lei” o “lui” se i pronomi di genere con cui una persona si identifica sono sconosciuti.

Per quanto riguarda i termini che implicano gruppi, invece di usare “uomini”, ad esempio, si possono usare alternative come “umanità”. In inglese ci sono professioni che si riferiscono espressamente al genere maschile, come “poliziotto” (“policeman”), che potrebbe essere sostituito da “ufficiale di polizia” (“police officer”).

  • Razza, etnia e nazionalità.

È importante non presumere che l’aspetto di una persona definisca la sua nazionalità o background culturale ed evitare il pregiudizio razziale che alimenta la discriminazione e la violenza contro persone appartenenti a determinati gruppi sociali. Termini come “minoranze”, “persone di colore”, “bianchi”, ecc., non sono inclusivi, così come “asiatico” in “un medico asiatico” è totalmente irrilevante.

  • Religione o credo.

Dobbiamo prendere in considerazione la diversità delle affiliazioni e credenze religiose che esistono nella nostra società o nel mondo, se comunichiamo per un pubblico più ampio, e non dare per scontato che le persone ne pratichino una specifica. Pertanto, espressioni come “Buon Natale” o “chiesa” devono essere sostituite rispettivamente da “Buone feste” e “luogo di culto”.

Queste sono solo alcune delle linee guida che devono essere prese in considerazione quando si tratta di comunicazione inclusiva. Ma si raccomanda che siano registrate in una sezione della guida di stile dell’entità o della società, come fanno le Nazioni Unite, GSMA, Chartered Insurance Institute (CII) o Mailchimp, come fonte di ispirazione.