Packaging: esempi che hanno fatto la storia

Packaging: esempi che hanno fatto la storia

Redazione Pubblicato il 2/1/2019

Immaginate di ritrovarvi tra le mani una lista della spesa che include, tra le sue voci, “scatolette”. Voi a cosa pensereste? Noi, senza troppe esitazioni, penseremmo al cibo umido destinato agli animali domestici, quello conservato all’interno delle scatolette di alluminio, per l’appunto. Ci siamo fermati a riflettere proprio su questo aspetto: in alcuni casi il packaging di un prodotto coincide con il prodotto stesso, almeno nella comunicazione. E questo è solo un piccolo indizio dell’importanza che riveste.

In questo articolo parleremo di packaging design e, per farlo, “disturberemo” alcuni di quelli che ormai sono considerati packaging iconici: la bottiglietta di Coca-Cola, il vasetto di Nutella e il tubo delle Pringles.

Packaging di prodotto, esempi diventati cult

Di solito, quando facciamo la spesa al supermercato, prediligiamo quei prodotti che a prima vista ci appaiono più affidabili, qualitativamente migliori, più gustosi o più belli. Il primo approccio con il prodotto è, insomma, puramente visivo. Se questo “primo appuntamento” va a buon fine, il prodotto si guadagna un posto nel carrello.

Il packaging design, il modo in cui un prodotto viene confezionato, decreta buona parte del suo successo o insuccesso, è uno strumento fondamentale per distinguersi dai competitor, raccontare la storia dell’azienda e la sua personalità. Quali packaging ci sono riusciti? Qui ne vediamo alcuni che, ci scommettiamo, saranno entrati almeno una volta nelle vostre case.

Packaging iconico, la bottiglietta di Coca-Cola

Iniziamo con la storia della bottiglietta di vetro più famosa al mondo, quella della Coca-Cola. Sono passati più di 100 anni da quando, il 16 novembre 1915, la Root Glass Company di Terre Haute disegnò la contour bottle, una bottiglietta dalle forme affusolate che ricorda una silhouette femminile. Le linee guida imposte dall’azienda? Furono molto chiare: la bottiglia doveva essere riconoscibile anche a occhi chiusi o frantumata a terra.

E infatti, uno studio del 1949 dimostra che il 99% degli americani riesce a riconoscere il prodotto semplicemente dalla forma del contenitore. Non solo, la bottiglia doveva essere riconoscibile anche tra milioni di altre: una volta allineate sugli scaffali, le bottigliette di Coca-Cola si incastrano alla perfezione, toccandosi solo all’altezza dell’etichetta e creando, così, una striscia continua di colore rosso che, inevitabilmente, cattura lo sguardo dei consumatori.

In una lettera indirizzata all’azienda, Raymond Loewy, padre del design moderno, definì la bottiglietta di Coca-Cola il “contenitore più perfetto”.

Con oltre 300 miliardi di prodotti venduti, la bottiglietta di Coca-Cola è diventata un vero e proprio oggetto cult. Non a caso:

  • Compare in numerosi film, come “The Help”, “Saving Mr. Banks”, “Dreamgirls”, “La vita segreta delle api” e “Il curioso caso di Benjamin Button”
  • Viene trasformata in arte da Andy Warhol con la serie “Bottiglie verdi di Coca-Cola”. Anche Howard Finster, Tom Wesselmann, Alberto Murillo, Pakpoom Silaphan, Todd Ford, Debra Franses Bean, Luigi Bona e Daniele Basso l’hanno rappresentata nelle loro opere
  • Nel 1950, è il primo prodotto commerciale a guadagnarsi la copertina del TIME Magazine

La bottiglietta di Coca-Cola è anche un esempio di packaging che supera la sua stessa funzione. Qualche esempio? Il “bottleneck slide” è una tecnica usata dai musicisti blues per suonare la chitarra con il collo delle bottiglie di Coca-Cola. Non solo, esiste il “gioco della distanza”, nato negli anni Sessanta, quando sulle bottigliette si iniziò a riportare il nome della città in cui la bibita era imbottigliata. In cosa consiste il gioco? Semplice: tra i giovani ci si divertiva a scoprire chi possedeva la bottiglietta proveniente da più lontano.

Packaging riutilizzabile: il vasetto di nutella

Nel 1964 Michele Ferrero inventa una crema spalmabile a base di nocciole e cacao destinata a fare strage di palati: la Nutella. L’anno successivo viene lanciata sul mercato tedesco con il suo vasetto di vetro, il primo era di forma conica, con la base stretta e sfaccettata e aveva un tappo di plastica bianco.

Il primo vasetto di Nutella
Il primo vasetto di Nutella. Crediti al sito di Nutella. https://www.nutella.com/it/it/la-storia-di-nutella#1964

Nel tempo il vasetto cambiò a più riprese, divenendo prima cilindrico, poi cubico e, dagli anni 2000, a botte. A differenza di quello che abbiamo visto per Coca-Cola, non fu la forma nel packaging, cambiata più volte, a trasformare il vasetto in oggetto cult. L’intuizione geniale fu quella di creare un packaging che potesse essere riutilizzato come bicchiere o come contenitore da cucina. Il packaging diventava, insomma, esso stesso prodotto. Anzi, diventava un vero e proprio prodotto da collezione: vi ricordate la serie di vasetti che aveva per protagonisti i personaggi dei cartoni animati?

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L’idea del riutilizzo ha aiutato il brand non solo a entrare nelle case di tante persone, ma anche a rimanerci a lungo – noi, in cucina, abbiamo ancora qualche bicchiere sbeccato con i puffi! Ricordiamo anche i vasetti personalizzati con i nomi propri o con le espressioni dialettali che trasmettono autenticità, vicinanza e senso di appartenenza.

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Il packaging diventa uno strumento capace di stabilire un dialogo con chi consuma il prodotto e si fa veicolo di un messaggio. Oppure invita a un’interazione, è il caso della recente serie di vasetti con le lettere dell’alfabeto: combinando più vasetti si possono comporre parole o frasi. E, tra le serie limitate, c’è Nutella Unica: un vaso di nutella personalizzato con una marea di pattern e colori diversi. Sono previsti circa 7 milioni di vasetti con art work unici, creati con un generatore di immagini casuale e identificati da un numero seriale.

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Personalizzazione, unicità e riutilizzo sono le tre parole chiave che guidano il packaging design di Nutella.

Il tubo di Pringles, un packaging innovativo

Il contenitore delle patatine Pringles è di sicuro un caso di packaging design su cui riflettere, poiché si tratta di un perfetto connubio tra funzionalità e originalità.

Fu progettato nel 1966 dal chimico Fred Baur e fu brevettato nel 1970. Prima di tutto, è bene sapere che le Pringles si distinguono dalle tradizionali patatine fritte perché non sono, in realtà, patatine fritte, bensì una miscela di varie farine e di aromi. Diversa dalle patatine tradizionali è anche la forma, regolare e a sella, studiata per far sì che si possano impilare.

La confezione che Baur progettò per queste “patatine non patatine” è un tubo di cartone rigido richiudibile con un tappo di plastica, geniale e innovativo per diverse ragioni:

  • Al suo interno le patatine rimangono impilate e non si rompono, diversamente da quanto avviene nei sacchetti.
  • Il coperchio richiudibile aiuta a conservare il prodotto più a lungo
  • Il design del tubo permette l’impilamento dei prodotti in fase di trasporto, in questo modo è possibile stipare più confezioni e risparmiare sui costi di spedizione
  • La confezione si distingue da quella di qualsiasi altro prodotto simile, rendendo le Pringles immediatamente riconoscibili

Non solo, il packaging determina anche una nuova esperienza del prodotto, poiché le patatine non vengono più prelevate una a una dalla confezione, ma scivolano fuori dal tubo (se inclinato) da sole: non siamo noi ad andare verso il prodotto ma è il prodotto che si avvicina a noi. È una bella differenza!

Vi lasciamo con un’ultima curiosità. Dovete sapere che Fred Baur fu talmente fiero della sua invenzione che, prima della morte, espresse un desiderio: voleva che le sue ceneri venissero tumulate in un tubo di Pringles. Se ve lo state chiedendo la risposta è sì, i figli rispettarono la sua volontà.